Riassunto
Santiago scorge di nuovo l’uccello e sospetta che abbia trovato dei pesci. Poco dopo, il vecchio vede un tonno saltare fuori dall’acqua e l’uccello si tuffa tra i pesci foraggio spinti in superficie dal salto del tonno. Santiago si dirige lentamente verso il banco e presto sente che qualcosa ha abboccato. Issa a bordo l’alalunga e la uccide colpendola sulla testa.
Il vecchio si rende presto conto che sta parlando da solo: “In mare non parlare inutilmente era considerata una virtù e il vecchio l’aveva sempre considerata tale e rispettata. Ma ora esprimeva spesso i suoi pensieri ad alta voce poiché non c’era nessuno a cui potessero dare fastidio”. Santiago richiama sé stesso da quel ragionamento, dicendo: “Adesso è il momento di pensare a una cosa sola. Quella per cui sono nato”. Presto, il vecchio avverte un forte strattone a una delle lenze calate in precedenza.
Santiago nota che la lenza calata a cento braccia di profondità si tende. La prima trazione è decisa e il bastone al quale è attaccata la lenza si curva bruscamente. Quella successiva è più incerta, ma Santiago sa esattamente di che cosa si tratta: “A cento braccia di profondità un marlin stava mangiando le sardine che coprivano la punta e il gambo dell’amo forgiato a mano là dove l’amo sporgeva dalla testa del piccolo tonno”. Incoraggiato da una trazione proveniente da una tale profondità e in un punto così al largo nel Golfo, Santiago suppone che debba trattarsi di un pesce enorme.
Per un po’ di tempo, il marlin sbocconcella ciò che è attaccato all’amo, rifiutandosi di abboccare completamente. Santiago parla ad alta voce, come se volesse convincere il pesce ad accettare l’esca: “Forza […]. Fai un altro giro. Annusale. Non sono squisite? Mangiale tutte per bene e poi c’è il tonno. Sodo e fresco e squisito. Non essere timido, pesce. Mangiale”. Dopo una serie di trazioni ingannevoli, finalmente il marlin prende il tonno, facendo srotolare molti metri di lenza.
Per un po’ Santiago attende che il marlin ingoi l’amo, finché alla fine tira con forza la lenza così da farlo affiorare in superficie. Ma il pesce è forte e non emerge. Al contrario, nuota via rimorchiando il vecchio e la sua barca. Santiago vorrebbe tanto che Manolin fosse lì con lui ad aiutarlo. Invece è da solo e deve lasciare che il pesce prenda la lenza che vuole, altrimenti rischia di perderla. Prima o poi, il pesce si stancherà e morirà. “Ma quattro ore dopo il pesce nuotava ancora a ritmo costante verso il largo, rimorchiando la barca, e il vecchio era ancora saldamente puntellato con la lenza intorno alla schiena”.
Al calar del sole, il marlin continua a nuotare nella stessa direzione, e Santiago non vede più la terraferma. Il risultato è una curiosa situazione di stallo. Santiago pensa: “Io non posso fare niente a lui e lui non può fare niente a me, pensò. Almeno finché continua così”. Ancora una volta vorrebbe che il ragazzo fosse lì con lui, e fa una riflessione: “Nessuno dovrebbe restare solo da vecchio, pensò. Ma è inevitabile”. Come in risposta alla manifestazione di questo suo sentimento di solitudine, due delfini affiorano in superficie. Nel vedere la coppia che amoreggia, Santiago sottolinea: “Sono buoni […]. Giocano e scherzano e si vogliono bene. Sono nostri fratelli come i pesci volanti”. Successivamente il vecchio ricorda una femmina di marlin che aveva preso insieme a Manolin. Il maschio era rimasto accanto alla barca in preda alla disperazione, compiendo dei gran salti nell’aria per vedere la sua compagna, prima di inabissarsi. Fu la cosa più brutta che Santiago avesse mai visto.
Un po’ prima dell’alba, qualcosa abbocca a una delle esche dietro Santiago, ma il vecchio taglia la lenza per evitare qualsiasi distrazione nella sua caccia al marlin, desiderando che Manolin fosse lì a controllare le altre lenze. Esprimendo tutta la sua determinazione, dice: “Pesce, […] resterò con te finché morirò”. L’atteggiamento di Santiago denota una certa ambivalenza: vuole che il pesce salti, ponendo fine alla lotta il più rapidamente possibile, ma allo stesso tempo teme che, così facendo, il pesce possa slamarsi. Riprendendo la determinazione esternata in precedenza, anche se con meno sicurezza, Santiago dice: “Pesce, […] ti voglio bene e ti rispetto tantissimo. Ma ti ucciderò prima che questo giorno finisca”.
Analisi
Che i pescatori chiamino tutti i pesci “tonno” e li differenzino soltanto al momento della vendita è al tempo stesso un’affermazione del tema dell’unità e un ripudio del mercato. Alla base di questa abitudine non c’è l’ignoranza, bensì un apprezzamento semplificatore dell’unità del mare. Ci sono i pesci e ci sono i pescatori; quelli che vengono presi e quelli che prendono. La distillazione delle parti esalta la qualità allegorica del romanzo. Il mercato costringe il pescatore a dimenticare questo rapporto binario simbolico e a focalizzarsi, invece, sulla differenziazione, richiedendo una moltiplicazione dei termini di differenza. Mentre il romanzo privilegia l’unità, questo divisionismo guidato dal mercato viene percepito negativamente. Ciò ha senso alla luce della già citata rabbia di Hemingway nei confronti del pubblico letterario che snobba i suoi precedenti sforzi.
Nel descrivere il marlin che inizia a mangiare l’esca, Hemingway ricorre più e più volte alle stesse parole, per esempio “trazione delicata”. Sebbene questo espediente riesca a esprimere perfettamente l’evento reale, la ripetizione crea un effetto di straniamento, che spinge la prosa più verso la poesia e meno verso l’oggettività realistica. Ciò rafforza la qualità allegorica della narrazione, che, almeno esplicitamente, Hemingway negava.
La risposta con cui vengono accolti i pensieri di solitudine di Santiago è un’altra espressione del tema dell’unità interno al romanzo. Santiago dice a sé stesso: “Nessuno dovrebbe restare solo da vecchio […]. Ma è inevitabile”. In risposta a questo, nel paragrafo che viene subito dopo, Hemingway introduce una coppia di socievoli delfini. “Sono buoni” dice Santiago. “Giocano e scherzano e si vogliono bene. Sono nostri fratelli come i pesci volanti”.
Santiago inizia a compatire il marlin che ha agganciato. Questa pietà per il grande pesce si intensifica quando Santiago si ricorda di aver visto la disperazione di un marlin maschio dopo aver catturato la sua compagna. Improvvisamente Santiago parla delle proprie azioni come di un “inganno”, una parola strana per un pescatore che vuole descrivere la propria attività. Più lui si identifica con il mare e con le sue creature, più le sue azioni diventano spregevoli. Ben presto, però, l’inganno di Santiago subisce una trasformazione e dall’atto di uccidere si passa all’essere andato più lontano di quello che fa la maggior parte dei pescatori.
L’immagine della lotta tra due figure sole nell’immenso “oltre” evoca certamente un’aria di conflitto epocale. La prospettiva eroica viene ulteriormente enfatizzata quando Santiago conclude le proprie riflessioni pensando: “Forse non dovevo fare il pescatore […]. Ma sono nato per questo”. Ancora una volta, l’enfasi sul destino è tipica delle storie degli eroi, specialmente delle tragedie.
L’identificazione e l’affetto di Santiago nei confronti del marlin aumentano con l’aumentare del tempo trascorso con il pesce. Per convincere il pesce a essere preso e per prepararsi a questo arduo compito, Santiago dice: “Pesce, […] ti voglio bene e ti rispetto tantissimo. Ma ti ucciderò prima che questo giorno finisca”. Subito dopo, Santiago si rivolge all’uccello che si è posato sulla poppa della sua barca dicendogli che non può aiutarlo perché è “con un amico”. E in seguito, Santiago arriverà al punto di desiderare di poter dare da mangiare al pesce, chiamandolo “mio fratello”.