Vitangelo Moscarda
Protagonista del romanzo, Vitangelo (soprannominato dalla moglie Gengè per enfatizzare la sua ingenuità e inabilità alle questioni pragmatiche della vita quotidiana) è un giovane di ventotto anni considerato da tutti un fannullone, figlio di uno defunto e spregevole banchiere che, in vita, lo ha costretto a prender prematuramente moglie nella vana speranza che questi generasse un erede degno dell’ingente patrimonio e fama di cui godeva. Vitangelo racconta l’intera vicenda in prima persona, spiegando al lettore l’origine del male che lo ha condotto alla pazzia: mediante l’intervento di sua moglie Dida, avente valore epifanico all’interno della narrazione, egli comprende l’impossibilità di conoscere se stessi che attanaglia l’essere umano. È un personaggio a tutto tondo poiché, in maniera dinamica e del tutto imprevedibile, affronta un significativo mutamento lungo lo scorrere delle pagine, in un processo di liberazione dalla propria identità e di acquisizione di imperturbabilità che caratterizza la sua scelta di ritirarsi dalla società, adottata nella conclusione del romanzo.
Dida
Moglie di Vitangelo ed è colei che, con il suo intervento in merito ai piccoli difetti fisici che da sempre accompagnano il marito a sua insaputa, rompe l’equilibrio iniziale della storia e dà avvio alla trama. Inizialmente noncurante delle questioni riguardanti il marito, si rivela pronta a proteggere i suoi interessi economici in quanto coniuge nel momento in cui Vitangelo decide di sperperare il patrimonio paterno, pronta a marchiarlo come folle e a richiedere che venga rinchiuso in un manicomio.
Sebastiano Quantorzo
Ex collaboratore del padre di Vitangelo e amministratore dei suoi beni dopo la sua morte; è descritto come spietato e venale in più episodi lungo il testo: tra tutti, egli è additato come responsabile d’aver convertito le stanze del padre di Moscarda, dopo la sua dipartita, in un indegno appartamento da affittare, di fianco al quale realizza altre dimore nei vecchi e luridi magazzini di famiglia, dai quali proviene costantemente un lercio fetore.
Stefano Firbo
Amministratore anch’egli dei beni di Vitangelo dopo la morte del padre. Assieme a Quantorzo, avvierà le pratiche necessarie per il ricovero del protagonista all’interno di un istituto manicomiale, certo della sua follia dopo la donazione a favore dello sventurato Marco di Dio.
Marco di Dio
Artista pienamente indebitato nei confronti del padre di Vitangelo tanto da essere prossimo allo sfratto; tuttavia, l’intervento del protagonista permetterà al giovane di abbandonare il malfamato quartiere popolare in cui vive per dirigersi verso il nuovo e dignitoso appartamento che questi gli ha donato.
Anna Rosa
Amica di Dida, zitella a soli venticinque anni, la donna è presentata con un carattere affabile e semplice. Appare verso la fine del romanzo presentata dallo stesso Vitangelo come ossessionata dalla sua immagine, tanto da essere descritta sovente intenta a specchiarsi — in tal senso, lo specchio oltre ad avere un significato simbolico atto a rivelare la presenza dell’alter ego, è in aggiunta strumento in grado di evocare e sottolineare l’aspetto di vanitas vanitatum, molto spesso presente all’interno dell’opera pirandelliana — o a discutere di fotografie auto-commissionate. Il narratore, entrato in confidenza con la donna, le mostrerà la sua intera visione del mondo e la sua lotta contro le maschere, tanto da spaventarla e riceverne un colpo di pistola.
Monsignor Partanna
Personaggio secondario che, verso la fine della trama, aiuta Vitangelo ad evitare la condanna per interdizione richiesta da sua moglie Dida assieme a Quantorzo e Firbo. Il Monsignore chiede a Vitangelo di devolvere l’intera somma di denaro, che grazie al suo intervento recupererà, per la costruzione di un rifugio per i più bisognosi.