L’amica di Dida, la vedova Anna Rosa, invita Vitangelo in un monastero: durante la visita, la donna si ferisce accidentalmente con una rivoltella che, caduta dalla sua stessa borsa, spara un colpo dopo il tonfo sul pavimento, colpendola al piede. Durante il ricovero della donna in ospedale, Vitangelo inizia a provare dei sentimenti per lei, forse nati da tempo e repressi dal legame che lo univa alla moglie. È proprio grazie ad Anna Rosa che Vitangelo verrà a conoscenza della volontà, di Dida (“una Dida veramente nemica”) e dei suoi parenti, di farlo interdire. Grazie all’intercessione del Monsignor Partanna, ricambiata da un’ingente donazione ai più deboli, Vitangelo sarà aiutato dal prete Antonio Sclepis.
Durante una conversazione con Anna Rosa, il protagonista si guarda allo specchio e rivela alla donna tutte le sue teorie sulla parcellizzazione dell’identità e sull’impossibilità per l’uomo di vedere se stesso poiché, nel momento in cui si osserva il proprio riflesso, l’autenticità scompare. Si innesca in questo punto uno dei tanti insolubili paradossi pirandelliani: non si può vivere e vedersi vivere al tempo stesso poiché la sola possibilità che si ha è vedere un se stesso atteggiato, privo di naturalezza e di spontaneità. Vitangelo, infatti, ha deciso di non specchiarsi più per non vedere il proprio io intrappolato nella forma che il riflesso di sé origina. Inoltre, nel corso del colloquio, la donna gli mostra alcune sue fotografie - antiche e recenti - presto etichettate dal narratore come morte:“[...] nell’attimo che si rimira, lei non è più viva. – E perché? – Perché bisogna che lei fermi un attimo in sé la vita, per vedersi. Come davanti a una macchina fotografica. Lei s’atteggia. E atteggiarsi è come diventare statua per un momento. La vita si muove di continuo, e non può mai veramente vedere se stessa. – E allora io, viva, non mi sono mai veduta? – Mai, come posso vederla io. [...] Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva”. Anna Rosa è dunque spaventata dalle parole di Vitangelo che generano in lei “un fascino strano”, “un’invincibile attrazione e insieme una specie di ribrezzo; a volte, quasi odio” e allora, timorosa che la follia dell’uomo sia ormai giunta a piena maturazione e contemporaneamente atterrita dalle verità che questi le stava rivelando, decide di colpirlo con una rivoltella nel momento in cui, attrattolo a sé dispiegando le braccia, lui le si avvicina, probabilmente per baciarla e avvalorare i sentimenti da sempre provati nei suoi confronti. L’episodio del ferimento di Vitangelo determina un’improvvisa accelerazione della trama, sciogliendo inaspettatamente la vicenda e configurandosi come un rito purificatorio, mediante il quale il protagonista può eliminare consapevolmente la propria identità, rinunciando al proprio vissuto e ai propri ricordi in virtù di un’anonimia desiderata.