Lettori della prima parte del Don Chisciotte della Mancia (Motivo)
In questa seconda parte del romanzo, don Chisciotte incontra diversi personaggi che hanno letto L'ingegnoso hidalgo don Chisciotte della Mancia, cioè il primo libro che racconta le avventure delle sue prime due uscite. Sono proprio loro, i lettori del primo libro, a motivare spesso le avventure che don Chisciotte e Sancio vivono in questa seconda parte.
Per cominciare, si possono nominare i duchi, grandi lettori del primo libro, che allestiscono una serie di simulacri per esaltare la follia di don Chisciotte e Sancio e per divertirsi a loro spese.
Dall’altra parte, ci sono don Girolamo e don Giovanni, due cavalieri che don Chisciotte incontra in una locanda e che sono anch’essi grandi lettori del primo libro. Quando il Cavaliere dei Leoni li sente conversare, parlano delle molte differenze tra il Don Chisciotte scritto da Cervantes e la sua versione apocrifa, quella scritta da un certo Avellaneda.
Usciti dalla locanda, don Chisciotte e Sancio si imbattono in Rocco Guinart, un bandito catalano che, oltre a rubare e uccidere, è anche un grande lettore della prima parte del Don Chisciotte. Rocco è talmente stupito dal vedere il cavaliere errante che non esita a inviare una lettera al suo amico di Barcellona, don Antonio Moreno, altro grande lettore della prima parte, come lui stesso si proclama:
“Sia il ben venuto nella città nostra lo specchio, il faro, la stella diana, la bussola di tutta la cavalleria errante, dove più ampiamente si estende. Sia ben venuto, dico, il valoroso don Chisciotte della Mancia non falso, non già il fittizio, non già l'apocrifo che in bugiarde storie ci è stato presentato questi giorni, ma il vero, il legittimo e il genuino che Cide Hamete Benengeli, fiore degli storici, ci ha descritto.”
Questi personaggi qui nominati non sono gli unici, nel corso di questa seconda parte, don Chisciotte incontra molti altri che hanno letto le sue avventure nel primo libro scritto dallo storico Cide Hamete.
La morte di don Chisciotte (Simbolo)
La morte di don Chisciotte, anticipata nel prologo di questa seconda parte, simboleggia l’indignazione di Cervantes nei confronti del Don Chisciotte apocrifo di Avellaneda. È lo stesso Cervantes, infatti, a dire che ucciderà il suo eroe per evitare che altri autori sfruttino la popolarità del personaggio da lui inventato per raggiungere il successo letterario in futuro.
D’altra parte, la morte di don Chisciotte simboleggia anche la fine del viaggio dell’eroe, che ha vissuto diverse avventure, avventure che lo hanno trasformato fino a farlo rinsavire verso la fine del testo, poco prima di morire. Sebbene don Chisciotte non incarni la figura dell’eroe tradizionale, è possibile stabilire un parallelismo rispetto al fatto che egli percorre una strada piena di avventure, subisce un processo di trasformazione lungo il cammino e finisce per raggiungere la versione migliore di se stesso che, nel suo caso, è la versione più sana.
La caverna di Montesinos (Simbolo)
La caverna di Montesinos ha una forte carica simbolica che si può associare all’Inferno. Don Chisciotte scende nella caverna di Montesinos come Dante nella Divina Commedia scende nell'Inferno e come Enea scende nell’Averno (inferno) nell’Eneide. L'inferno, a sua volta, simboleggia la morte e la resurrezione dell’eroe, cioè, l’eroe muore per rinascere come un nuovo essere, rinnovato in vitalità e coraggio. Questo accade a don Chisciotte dopo essere uscito dalla caverna di Montesinos. Don Chisciotte scende nella caverna di Montesinos per affrontare i propri demoni, per sentirsi solo e separato dal mondo, per morire e risorgere con quella rinnovata vitalità di cui l’eroe ha bisogno per le avventure a venire.
I leoni (Simbolo)
Il capitolo 7 conclude l’avventura di don Chisciotte con i leoni. Tradizionalmente, questo animale simboleggia quella ferocia mortale che l’eroe deve sfidare per dimostrare il proprio coraggio. Rappresenta il massimo pericolo a cui un cavaliere può esporsi e, in quanto tale, la più grande prova di coraggio che possa affrontare. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il Don Chisciotte è, in sostanza, un testo parodico e, come tale, cerca di deformare in modo comico molti dei valori e dei concetti che propone. Infatti, questi leoni, africani, giganteschi, affamati, letali, vengono mostrati come mansueti e pacifici. Don Chisciotte rivendicherà una vittoria come risultato di uno scontro che non c’è stato, riflettendo alcuni barlumi di sanità mentale in mezzo all’alienazione che lo fa sentire ancora un cavaliere errante.
Le strade (Motivo)
Ogni volta che don Chisciotte e Sancio terminano un’avventura, si mettono in cammino per continuare fino alla successiva. Dal villaggio di don Chisciotte a Barcellona, l’ultima città che raggiungono e da cui ripartono verso casa, ci sono ben seicento chilometri, il che significa che lui e Sancio percorrono in totale più di milleduecento chilometri in sella a Ronzinante e all'asino lungo le diverse strade della Spagna. D’altra parte, sono diverse le avventure che padrone e scudiero vivono lungo queste strade. Su una di queste strade, ad esempio, incontrano le contadine che stanno facendo le prove per la commedia che rappresenteranno con gli amici e la famiglia nel loro villaggio e che don Chisciotte vorrà proteggere da buon cavaliere errante qual è. Sempre nel mezzo di una strada, don Chisciotte diventerà il Cavaliere dei Leoni, quando sfiderà uno di questi animali per dimostrare il suo coraggio. Rocco Guinart, il bandito catalano, grande lettore della prima parte del Don Chisciotte, troverà don Chisciotte e Sancio in mezzo alla strada per Barcellona, accanto ad alcuni alberi con dei banditi appesi.
Detto questo, è bene chiarire che le strade offrono a don Chisciotte e Sancio avventure spontanee e inaspettate, a differenza di quelle proposte loro da personaggi come i duchi o lo stesso Rocco Guinart, che per il proprio divertimento imbastiscono complesse finzioni per far sì che il cavaliere errante e il suo scudiero mostrino tutta la loro follia.