Capitolo 2 – Riassunto
Susan e Venerdì sono arrivati in Inghilterra. Susan si fa chiamare Signora Cruso. Vivono in un alloggio misero, Susan nel piano superiore e Venerdì nella cantina. Lei gli porta i pasti. È dispiaciuta per lui, perché è disorientato in città. Pensa che non avrebbe mai potuto lasciarlo sull’isola, ma fa male vederlo lontano da lì.
È chiaro che la narrazione sia fatta di una serie di lettere scritte da Susan a un uomo di nome Foe. È per lui che ha scritto il primo capitolo. Questo secondo capitolo è meno narrativo e più epistolare, si rivolge a una persona specifica. Susan spiega a Foe che ha sentito dire che lui è un autore che ha “ascoltato molte confessioni”. Racconta di essersi presentata alla sua porta e di aver parlato brevemente con lui, di avergli parlato della sua storia, e lui ha deciso di ascoltarla. E adesso lei gli chiede di alloggiare a casa sua, proponendo di assumere lei “come cameriera e Venerdì come giardiniere”.
Sostiene che a volte sente qualcosa che non aveva mai pensato di poter sentire: nonostante tutta la noia descritta, le manca l’isola. Evoca l’isola e analizza le ragioni per cui ne sente la mancanza.
Susan riflette sul fatto che nel descrivere gli avvenimenti a Foe, si è concentrata troppo sulla storia di Cruso e non gli ha raccontato la sua: la storia della ricerca di sua figlia, del viaggio a Bahia, di essersi ritrovata quasi senza una casa e di essere sopravvissuta a bordo di varie navi. Sottolinea di non aver portato nulla con sé dall’isola. “Non ho altro che i sandali”, dice. Chiede a Foe di raccontare la sua storia. “Rendetemi la consistenza che ho perduto, signor Foe: è questa la mia supplica” afferma. Sottolinea che sarà lui a scrivere la sua storia perché è lui ad avere una scrivania, una finestra e nessuna distrazione: i requisiti fondamentali per la creazione letteraria.
Susan risponde a domande che Foe sembra averle posto riguardo i mezzi di sopravvivenza sull’isola. Nel farlo, lei si lascia andare ai ricordi sull’isola e Cruso. Accenna poi al fatto che Venerdì indossa i pantaloni, la giacca e il giubbotto che ha preso sulla nave. La sua cantina si apre su un cortile. È libero di uscire ma non lo fa, dice, perché è ancora terrorizzato dal nuovo ambiente. Non ha idea di cosa faccia in cantina tutto il giorno, ma sa che a Clock Lane gira la voce che in cantina ci sia un "cannibale". Un giorno trova un gruppo di bambini davanti alla sua porta che cercano di sbirciare dentro. Cantano una canzoncina che dice: “O cannibale Venerdì, hai mangiato mamma oggidì?”. Susan è preoccupata per Venerdì. È depresso e invecchia prima del tempo.
Gli insegna a lavarle i vestiti in modo da evitare che muoia di pigrizia e mentre lo fa, gli insegna diverse parole. “Guarda” e “Fallo”. Ma lei si sente in colpa perché non ha più la liberta che aveva prima, quando cacciava, pescava e raccoglieva uova d’uccello sotto il sole. Riflette su quanto sia un peccato che Cruso non avesse mai insegnato le parole a Venerdì. Cruso diceva che “Venerdì non aveva bisogno di parole”, ma per Susa “si sbagliava”. Avrebbe potuto comunicare con Venerdì anche se lui non aveva la lingua.
Venerdì inizia ad apprezzare i fiocchi d’avena e la sua pancia si sta ammorbidendo. Mentre continua a insegnargli altre parole, si chiede se forse lui stia pensando che si tratta solo di rumori come il cinguettio degli uccelli. Se pensi che il linguaggio abbia uno scopo. Mostra a Venerdì come usare la vanga, a sistemare le aiuole del giardino e potare le siepi. Ma non gli insegna tutte queste cose semplicemente affinché le faccia, ma solo per potergli dire perché vanno fatte. Gli spiega tutto ciò che gli insegna.
La sua ultima lettera è tornata al mittente, spiega a Foe. Spera che non accada anche con quella che sta scrivendo. Nella lettera successiva, scrive di essersi recata all’indirizzo di Foe a Stoke Newington e di aver trovato lì gli ufficiali giudiziari ad aspettarlo. Scopre che quello è il motivo per cui le sue lettere erano tornate al mittente. Si chiede dove poter inviare le successive e soprattutto se Foe continuerà a scrivere la storia sua e di Venerdì oppure no. Si chiede anche se lei e Venerdì siano gli unici sottomessi a Foe, che li tiene nei suoi alloggi mentre scrive le loro storie.
Inizia a dare le sue lettere a una donna che trova a casa di Foe, la signora Thrush, sperando che lui possa riceverle. Ma gli ufficiali si sono accampati nella sua biblioteca. Uno di loro, il signor Wilkes, si chiede se lei sia in contatto con Foe e la mette con le spalle al muro all’ingresso, la minaccia. Susan implora Foe di continuare a scrivere la sua storia in modo che possa liberarsi della sua misera esistenza e affinché Venerdì possa tornare in Africa. Le sembra di scrivere a vuoto. I giorni passano.
Susan torna a casa di Foe e la trova chiusa e vuota. Lei e Venerdì si stabiliscono lì. In giardino crescono carote e fagioli, ma è tutto coperto di erbacce. Susan si siede alla scrivania di Foe, accanto alla finestra, e gli scrive usando la sua stessa carta e le sue stesse penne. La scrivania però è diversa da come l’aveva immaginata e riflette a lungo sulla differenza tra l’immaginazione e la realtà- tutti i suoi pensieri e riflessioni sono rivolte a una persona specifica, a Foe. Continua a scusarsi con lui per aver occupato la sua casa.
Una mattina Susan fa due disegni: uno è Cruso, con il suo copricapo conico, e ai suoi piedi c’è un uomo nero a cui viene tagliata la lingua; l’altro è uno schiavista moro che taglia la lingua a un uomo nero. Porta i suoi disegni al piano di sotto, a Venerdì. Gli chiede se sia vero, mostrandogli il primo disegno. Quando lo guarda, lui ha una reazione. Ma forse reagisce solo perché lei non ha mai fatto nulla del genere con lui. gli mostra il secondo disegno e non reagisce, quindi immagina che la sua rappresentazione degli schiavisti potrebbe essere sbagliata. Forse gli schiavisti mori non hanno la barba a punta. Ma soprattutto, chiede a Venerdì quale dei due disegni sia vero e Susan pensa che forse Venerdì non capisce il significato della parola “verità”. Potrebbe non arrivare in fondo alla questione, riflette. Si chiede cosa stia facendo della sua vita. Riflette sul tempo trascorso ad aspettare. Prima sull’isola e poi perché Foe scrivesse la sua storia. Strappa i disegni davanti a Venerdì. Lui la guarda. Per un attimo lei desidera che lui la abbracci. Ma lui non reagisce.
Un tale signor Summers passa a casa. Lei gli dice di essere la governante e che Venerdì invece è il giardiniere. Sembra abbastanza vero dato che la casa è in buone condizioni e che Venerdì è in giardino.
Una bambina osserva la casa. Susan si chiede se gli ufficiali abbiano inviato qualcuno a spiare la casa, ma poi decide che potrebbe essere una spia mandata da Foe. Prende tutte le lettere che ha scritto a Foe e le dà alla bambina, ma lei scuote la testa. Susan chiede alla bambina chi è, e lei sussurra che si chiama Susan Barton. Susan pensa che la bambina sia pazza e le chiede perché se ne stia lì a guardare tutto il giorno. Lei risponde che lo fa per parlare con Susan. Susan chiede qual è il suo nome e lei dice di chiamarsi Susan Barton. Susan chiede se sia stata mandata da Foe, ma lei dice di non conoscerlo. Le chiede perché sia lì e la bambina le chiede di chi pensa che lei sia figlia. Susan dice di non averne idea, la bambina scoppia in lacrime. “Non mi conoscete, dunque, non mi conoscete!” grida. La bambina dice di aver seguito Susan ovunque, anche sull’isola. Quando lo dice, per Susan è come ricevere un colpo in faccia. La ragazza dice anche di sapere tutto di Bahia. Susan non sopporta la situazione e le chiude la porta in faccia.
Più tardi Susan le chiede di nuovo se sia stata mandata da Foe. Dice di no. Le racconta della sua infermiera, una donna di nome Amy e suo padre, il signor Lewes. Susan dice di non aver mai sentito i loro nomi in vita sua. La bambina insiste a dire di assomigliare a Susan. Susan non è d’accordo. Invita la bambina a trascorrere la notte a casa di Foe.
Si siede sul letto con Venerdì e in un lungo soliloquio narrativo parla di come sia parlare al nulla e di quanto rifletta sui desideri di Venerdì. Venerdì è impassibile. Poi Susan riflette sulla scelta di Cruso di costruire un letto ma non un tavolo nella sua capanna o qualcosa per scrivere. Si chiede quali fossero i sentimenti di Cruso per Venerdì, riflette sulla paura che lui aveva dei cannibali. Cruso era ossessionato dai cannibali. Chiede a Venerdì perché per così tanto tempo sia stato sottomesso a Cruso.
La fanciulla torna alla sua postazione fuori dalla casa e Susan cerca di ignorarla. Riflette sull’arte della scrittura, sui suoi strani poteri e sulle sue sfide.
Lei e la bambina si addentrano in una foresta insieme. La fanciulla la prega di dirle cosa stanno facendo e Susan dice che la sta riportando a sua madre. Lei risponde che Susan è sua madre. Alla fanciulla non piace la foresta oscura ma Susan dice che sono quasi arrivate. La fanciulla è sempre più arrabbiata. Nella parte più oscura della foresta, Susan si ferma e stende a terra il suo mantello; si siedono su di esso. La fanciulla ha paura. Susan le dice che non è sua madre e che lei è “nata dal padre”. Lei risponde di non aver mai sentito dire una cosa simile prima. Susan si sveglia a Londra con le ultime parole della fanciulla ancora nelle orecchie. Pensa di essersi liberata di lei per sempre.
Capitolo 2 – Analisi
I meccanismi dietro la facciata della narrativa vengono qui esposti e analizzati, dalla funzione della narrazione alla costruzione del soggetto alla funzione del linguaggio stesso. Susan sta chiedendo a un autore noto per “ascoltare confessioni”, Foe, di raccontare la sua storia. Sebbene lo faccia chiaramente per soldi (sembra una donna intraprendente che riconosce il potenziale del vendere la sua storia) diventa determinata a raccontare la sua esperienza personale a causa del suo legame emotivo con quell’esperienza. Dopo aver raccontato a Foe la storia di Cruso, sente di aver danneggiato la sua storia. Implora Foe di “renderle la consistenza che ha perduto”, come a suggerire che raccontare le storie possa rianimare il passato, la storia personale.
La narrativa di Foe è una consapevole rivisitazione di Robinson Crusoe. Nel primo capitolo la storia si allontana dalla narrativa tradizionale attraverso gli aspetti anacronistici del personaggio di Susan e agli effetti non lineari della sua forma epistolare. Le dimensioni della narrazione iniziano ad aprirsi veramente nel secondo capitolo. Così come si evolve la richiesta che Susan fa a Foe di scrivere la sua storia, si evolvono anche le sue domande riguardo al perché le storie vengano raccontate, a cosa servano, a chi siano destinate.
In questo capitolo viene esaminata anche la natura del linguaggio mentre Susan cerca di insegnare a Venerdì il significato delle parole. Viene anche posta la domanda su come il linguaggio venga interpretato quando non può essere fisicamente prodotto. Per un adulto che non ha praticamente mai sentito parlare una lingua e che non ha l’abilità fisica di formulare le parole, come viene percepita la comunicazione? Le frasi risultano semplicemente come il cinguettio degli uccellini? Per una persona sopravvissuta in condizioni presumibilmente ideali senza linguaggio, la civilizzazione e tutti i suoi discorsi risultano come un problema, un eccesso, ridondanza? Anche se Venerdì non parla, le domande che sorgono dalla sua condizione fisica e dalla sua presenza sono tra le più pressanti e profonde. Mentre Susan non vede l’ora che la sua storia venga raccontata, l’esperienza di Venerdì, sdraiato e depresso in una cantina in città, sembra un’esperienza incredibilmente intrigante e senza dubbio quella intorno a cui tutto gira a questo punto della storia.
Il capitolo divide i vari elementi della fiction e tutti loro fluttuano separatamente. Viene aggiunto anche l’elemento del mistero appena in tempo per farci continuare: il fatto che Foe sia scomparso e ricercato sembra un’aggiunta voluta consapevolmente dall’autore.
L’arrivo della fanciulla nella storia sembra una sorta di visita da parte dell’immaginazione dell’autore, ma non è chiaro di quale autore si tratti. Susan crede che la fanciulla sia stata mandata proprio dall’autore Foe. Ma forse la ragazza è qualcuno che Susan stessa ha evocato nella sua scrittura e segna un punto in cui la scrittura inizia a intrecciarsi con la sua vita.
Il passaggio in cui Susan porta la fanciulla nella foresta avviene dopo una lunga serie di riflessioni sul potere della scrittura. Questo passaggio si distingue per essere la parte che più drasticamente si allontana dalla narrativa in quanto non c’è alcuna spiegazione su come siano arrivate nella foresta e su cosa accada alla fanciulla dopo essere stata lasciata lì. In questa sezione, è come se Susan stesse escludendo la fanciulla dalla sua storia per aggiungerla nella foresta. È come se Susan fosse l’autore della fanciulla, anche se la fanciulla è un’intrusa, un disturbo, e lei vuole che se ne vada.