Capitolo 4 – Riassunto
Il punto di vista si sposta sulla prima persona e il tempo verbale diventa presente. Il nuovo narratore sale le scale ed entra nella stanza di Foe. Trova Venerdì addormentato nell’alcova e Susan e Foe che dormono sul letto. Si avvicina a Venerdì e lo esamina, ascolta il suo respiro quasi impercettibile. Avvicinandosi ulteriormente nota una cicatrice sul collo di Venerdì, causata da una corda o da una catena. Il narratore trova il manoscritto di Susan e inizia a leggere la sua storia dall’inizio del primo capitolo del romanzo. Scivola giù dalla barca perché non riesce più a remare, s’immerge nell’acqua. Il capitolo prosegue con la storia di Susan, raccontata da lei stessa. Ma invece di nuotare verso la riva, scende sott’acqua tra le alghe: lì trova il relitto di una nave. Entra nella cabina, tutto è conservato. Ci sono Susan Barton insieme al suo capitano, gonfi e bianchi, che fluttuano con indosso gli abiti da notte e le braccia tese verso l’alto in un gesto di benedizione. Passa oltre e sotto la soprafinestra di poppa trova Venerdì: è a terra, mezzo sepolto sotto la sabbia. Lo chiama, tocca i suoi capelli lanosi, tira la catena che ha intorno al collo. “Ma questo non è un luogo di parole” dice. “È un luogo in cui i corpi sono segno di sé stessi. È la casa di Venerdì.”
Il corpo di Venerdì si gira e si distende, con il viso rivolto verso di lei. La sua pelle è tesa sulle ossa, lei osserva i suoi denti e la sua bocca si apre ed esce “un flusso lento, senza fiato, ininterrotto. Risale il suo corpo e fuoriesce su di me”. Quel flusso è simile all’acqua, come l’oceano stesso, copre tutto e raggiunge ogni sponda. “Morbido e freddo, oscuro e senza fine, mi batte contro le palpebre, contro la pelle del viso.” Così si conclude il romanzo.
Capitolo 4 – Analisi
Nell’ultimo capitolo del romanzo si entra in un mondo fantastico, seguendo Susan che discende fino al relitto sott’acqua in cui una sorta di fantasma di Venerdì è incatenato. Sebbene sia un’immagine del tutto fantastica, riflette la realtà: il vero Venerdì del relitto della nave schiavista è l’uomo andato a fondo incatenato, quello sul fondale dell’oceano.
Ma che ne è di questa fantasia di Coetzee secondo cui il corpo stesso può parlare, secondo cui le ferite stesse hanno una voce? Cosa sta facendo Coetzee quando immagina che il trauma del Passaggio Intermedio che ha reso muto Venerdì sia in qualche modo rettificato da un nuovo linguaggio corporeo, che rende il corpo leggibile, le ferite leggibili (non solo mute)? Non si tratta forse di una sorta di fantasia di recupero, basata sull'idea che una tale lingua possa essere possibile - o, più precisamente, che i lettori possano imparare a parlare quella lingua? Sebbene Coetzee non stia cercando di affermare che la letteratura possa redimere la schiavitù e il colonialismo, sta sicuramente dicendo qualcosa sul ruolo del romanziere nella ricerca di mezzi per rappresentare corpi senza voce.
Alla fine del romanzo, tenta di dare al subalterno il potere di parlare. Mette in bocca a Venerdì una sostanza che esce come acqua: "Risale il suo corpo e fuoriesce su di me; attraversa la cabina, attraversa il relitto; lambendo le scogliere e le rive dell'isola, scorre verso nord e verso sud ai due capi della terra. Morbido e freddo, oscuro e senza fine". La voce che dà al subalterno assomiglia all'oceano stesso. È onnicomprensiva e raggiunge tutto. Ma è una voce giusta? Non è forse eccessivamente poetica e ambigua e un'altra forma di silenziamento? Naturalmente, però, non può esistere un modo unico e corretto di rappresentare coloro che non possono parlare. Forse la posizione dello scrittore sarà sempre eticamente sbagliata, sia che si rivolga a una rappresentazione fortemente figurativa sia che si rivolga a una rappresentazione fortemente realista. Forse, però, Coetzee suggerisce che il potere dello scrittore è la sua responsabilità. È chiaro che si tratti di un potere immenso che ha i mezzi per suggerire, come fa nell'immagine finale, che le esperienze degli schiavi e dei popoli sottomessi, di tutti coloro che non hanno voce, sono la sostanza che scorre attraverso tutto il mondo, collegandolo, legandolo insieme. Nella sua struggente e terribilmente triste scena finale, la sofferenza di Venerdì prende vita.